Questo racconto è opera di fantasia. Ogni riferimento a fatti, luoghi e persone è da considerarsi puramente casuale.

Quarta uscita del 2016 ed ennesimo mezzo cappotto. Da un po’ di tempo non posso vantare catture significative. L’ultima oratella è dello scorso novembre, e dopo quella cattura ho catturato giusto qualche polpo e poco altro. Purtroppo la ridotta frequenza delle mie uscite non aiuta, così come la durata delle stesse, per la maggior parte delle volte concentrata in due o tre ore. Poco male: la bella stagione è alle porte e qualcosa di decente vedrò di riuscire a tiralo fuori.
Se non altro, durante quest’ultima uscita, ho beccato due bei polpi da sei chili in tutto. È vero che ho sforato i 5 chili di legge, ma grazie alla preda più grande da 3,4 chili dovrei non essere sanzionabile.
Mentre mi preparavo per tornare a casa, nei pressi della mia macchina, si avvina un tipo in scooter. Ha il casco ma non faccio fatica a riconoscerlo. Lo conosco come si conosce qualsiasi persona abiti in un paese da poco meno di diecimila anime. Non è un mio amico.
Mi chiede se ho preso qualcosa, e io gli faccio vedere i polpi. “È basta?” Mi chiede. Gli rispondo che ho sparato a un bel sarago, ferendolo sulla pinna dorsale senza riuscire a catturarlo, e che ho avvistato e fatto avvicinare una bella spigola sue due chili, che purtroppo ha fatto retromarcia prima di portarsi a tiro, senza farsi più vedere.
“Ora ti faccio vedere un vera pescata,” dice. Tira fuori il cellulare e mi mostra le foto di una strage. Decine di prede sul pavimento. Circa sessanta chili di pescato. Quattro orate sui due/tre chili, poi ricciolette, barracuda, saraghi, qualche cerniotta, polpi…

Le ha catturate di notte, in un piccola isola del parco, che ha raggiunto con un natante, e che ha battuto per l’intero periplo. Mi dice che così arrotonda, e tolti due o tre pezzi per la famiglia, tutto il resto l’ha venduto il giorno dopo. Ha i suoi clienti fissi, che non sono pochi.
Quanti reati ho già elencato? Vediamo: pesca notturna, ovviamente senza boa di segnalazione, in area marina protetta, oltre il limite dei cinque chilogrammi consentiti, con diverse prede sotto taglia. Il tutto è stato puntualmente venduto in nero.
Eppure tutto ciò viene vissuto con estrema naturalezza, tanto che, senza avere particolare confidenza con il sottoscritto, il soggetto in questione può farsene tranquillamente vanto. E non è che non sappia cosa vuol dire infrangere la legge: conosco i suoi trascorsi, che sono poco raccomandabili. Motivo per cui mi limito a dirgli che sono contrario alla pesca notturna, non l’ho mai praticata e mai la praticherò. Vomitargli in faccia insulti e minacce di denuncia non servirebbe a nulla: continuerebbe a fare quello che fa da anni, con la garanzia di non rischiare niente. “In tanti anni non ho mai visto nessuno,” mi dice, dopo avergli chiesto se ha mai rischiato l’arresto.
La cosa peggiore è che in tanti lo conoscono, e molti di più sono quelli che l’ammirano. Quelli che lo considerano un grande pescatore, visti i carnieri che tranquillamente mostra ai quattro venti. Rivolgersi alle forse di polizia serve a poco. Un mio amico l’ha fatto più volte, denunciando situazioni simili, senza che mai nessuno abbia mosso un dito. E posso capirli: per arrestare questo tipo di delinquenti bisogna coglierli in flagranza di reato, e per farlo ci vuole l’attrezzatura giusta e il personale adeguato.
Capisco quelli che, leggendo quest’articolo, mi rinfacceranno di non aver tirato fuori le palle, e non avergli detto in faccia quanto stia facendo del male all’ambiente. Tuttavia, pensate che lui non lo sappia? Credete che, messo di fronte alle proprie responsabilità possa decidere di farla finita. No, non servirebbe a nulla, e io mi ritroverei con un nemico poco raccomandabile dal quale guardarmi le spalle. E, sinceramente, con una famiglia da proteggere, non ne ho nessuna voglia.
Allora perché lo racconto? Perché magari anche un piccolo gesto può servire a smuovere le acque in quell’enorme mare di indifferenza nel quale anch’io mi trovo a galleggiare.