Premetto che quest’articolo non è da considerarsi come una guida medica, ma è frutto di una personale riflessione su cosa mangiare prima di una battuta di pesca, cercando di salvaguardare la propria incolumità.

Come è noto, ogni individuo necessita di un buon allenamento, e di conseguenza un adeguato nutrimento o alimentazione, per poter affrontare un’attività fisica impegnativa, sia di natura agonistica o di natura amatoriale. Solitamente chi pratica sport a livello agonistico è sottoposto ad allenamenti ed alimentazione “tabellata” dal loro preparatore atletico e dal medico sportivo; questo modo di operare fa si che l’atleta venga monitorato, secondo le sue capacità, a mantenere la giusta forma fisica in modo tale da fargli conseguire una buona prestazione durante la competizione sportiva.

Tutto ciò non accade per uno sportivo amatoriale, il quale si affida per la maggior parte dei casi al proprio intuito e/o esperienza, oppure a ricerche autodidattiche o peggio ancora emulando le abitudini dei professionisti apprese da terzi. È fondamentale capire che ogni metabolismo è diverso da un altro e che non può esserci una regola comune a tutti, ma un semplice standard comportamentale, che ci abitua a conoscere il nostro organismo ed abituarlo allo sforzo che si sta compiendo.

Sicuramente è un dato di fatto che praticare la pesca in apnea richiede al nostro fisico un grande dispendio di energia ed un significativo livello di stress muscolare, in quanto si è sottoposti a fattori ambientali solitamente a noi estranei (quando ci immergiamo uno dei fattori più significativi è la pressione idrostatica a cui siamo sottoposti. La pressione idrostatica è “la forza esercitata da un fluido in quiete su ogni superficie a contatto con esso”, nel nostro caso specifico è la pressione esercitata dall’acqua sul nostro corpo, il quale per mezzo del sistema circolatorio e polmonare cerca di adattarsi a tale pressione. È questa la fase di stress). Il consumo dell’energia da parte del nostro fisico è caratterizzata dagli atti motori come il panneggiamento e il caricamento del fucile.

Naturalmente quando non si è preparati ad affrontare tali impegni fisici si può incorre in fenomeni gravi come il “blood shift”, che consiste in una rapida ridistribuzione centripeta dei volumi ematici, comportante una “epatizzazione” dei polmoni per aumento della volemia intratoracica in generale ed intrapolmonare in particolare, il tutto finalizzato ad impedire lo schiacciamento della gabbia toracica e quindi permettere di continuare gli scambi gassosi alveolari. Infatti durante le fasi di discesa e di permanenza sul fondo marino il sangue proveniente dalla periferia corporea viene indirizzato a livello polmonare impedendone il collassamento dovuto all’aumentata pressione ambientale, al contrario durante la fase di risalita si ha il ritorno ematico dai polmoni verso la periferia (vedi dizionario medico), oltre a eventuali baro traumi (vedi articoli sulla compensazione).

Come possa influire l’alimentazione con quanto finora riportato è legato dall’impiego dispendioso di energie a cui siamo sottoposti. Ci viene spontaneo osservare che quanto è maggiore il dispendio energetico tanto si ha necessità di metabolizzare maggiori quantità di cibo. Sarebbe esatto se fossimo semplici macchine, come i motori a scoppio che con un maggiore carico di carburante possono aumentare le prestazioni, ma no per il corpo umano che è molto più complesso; basta riflettere sulla digestione, che necessità di molto sangue nello stomaco, per cui in contrasto con ciò che avviene quando ci immergiamo in profondità a causa della pressione a cui siamo sottoposti. Inoltre se pieni di eccessivo cibo possiamo essere soggetti a fenomeni come la “congestione”, un fenomeno molto complesso che può causare attraverso i suoi sintomi la morte.

La mia personale esperienza, qualche volta accompagnata dalle mie personali valutazioni su consigli di amici professionisti del settore o medici, mi ha fatto capire che una soluzione standardizzata non esiste e che bisogna conoscere a fondo se stessi per determinare i propri limiti.

Il miglior modo per affrontare una giornata di pesca è sicuramente legato al un buon riposo ed ad una alimentazione leggera, ma nutriente, effettuata almeno due ore prima (personalmente almeno tre essendo ipotiroideo quindi con metabolismo molto lento). A prescindere dall’ora di pescata bisogna evitare cibi ricchi di grassi o acidi, comprese le bevande alcoliche, ma trovare il giusto compromesso per assumere una giusta quantità di carboidrati che ci permetteranno di affrontare le ore di pesca. Pane secco, pasta in bianco con olio di oliva, biscotti privi di grassi aggiunti, fette biscottate, marmellata e miele sono in linea generale gli alimenti più idonei da assumere in anticipo per la nostra pescata. Meglio evitare, per chi come me soffre di reflusso gastrico, o non esagerare con brioche o pasticceria accompagnati da caffè o latte; infatti questi alimenti aumentano l’acidità del nostro stomaco favorendo il reflusso gastrico e dolori allo stomaco, compromettendo la nostra battuta di pesca.

Naturalmente questa riflessione è valida anche per tutti coloro che affermano di avere uno stomaco capace di digerire le pietre, poiché comunque la digestione richiede al nostro organismo di far fluire molto sangue nello stomaco.

Ogni immersione comporta una significativa perdita di liquidi, in quanto il nostro metabolismo con l’aumento della funzione renale adatta la pressione sanguigna (diminuendone il volume del sangue) alla pressione ambientale a cui è sottoposto, comunicando un inibizione del senso di sete e al suo naturale reintegro di liquidi. Tale aspetto non deve essere trascurato in quanto ogni essere umano è costituito da circa il 70% di acqua.

Per affrontare il problema della disidratazione è opportuno dotarsi, durante le battute di pesca di una scorta d’acqua, meglio un litro con aggiunta di zucchero, da poter ingerire regolarmente a prescindere dal senso di sete che si prova. Attenzione: è inutile dotarsi di integratori salini, in quanto non aumenta il processo di sudorazione (processo naturale per l’eliminazione di liquidi e sali minerali), ma un aumento dell’urinazione comportando una perdita dei liquidi ed un alta concertazione di sali minerali. Per chi come me soffre di reflusso gastrico è più opportuno dotarsi di una scorta d’acqua arricchita di magnesio, che oltre al normale reintegro di liquidi fa si che si abbassi l’acidità e quindi l’insorgere dello stesso reflusso (personalmente in una bottiglietta da mezzo litro ci aggiungo tre cucchiai di alcalosio). Tutto ciò fa si che diminuiscano i rischi di incidenti come la “sincope” (disturbo sintomatico caratterizzato da una improvvisa perdita di coscienza. Può essere transitoria e associata ad alterazioni del flusso circolatorio e delle funzionalità respiratorie, oltre che ad una generale riduzione della potenza muscolare) o il “taravana” (riguardante sostanzialmente i tempi di recupero, ma ancora oggi oggetto di discussione scientifica).

Una volta terminata la nostra battuta di pesca si deve reintegrare la mancanza di nutrimento e liquidi nel nostro organismo mangiando e bevendo qualcosa in tempi brevi. Personalmente dopo ogni pescata è mia abitudine bere acqua e mangiare un frutto, come una banana che è ricca di potassio. Questa abitudine l’ho ereditata da un amico ciclista, che dopo i suoi quotidiani 60 Km beve e mangia una banana o un frutto in generale. Tutto ciò oltre al normale reintegro metabolico fa si che non ci abbuffiamo una volta rientrati, compromettendo l’uscita dell’indomani.

La giusta integrazione di cibo e liquidi fa si che possiamo affrontare naturalmente l’adattamento che il nostro fisico subisce nell’atto dell’immersione.

Concludo affermando che mangiare una peperonata e bere alcolici, non ci aiuterà ad affrontare una giornata in mare. Meglio gustare queste prelibatezze in altre occasioni.

BuonMare a tutti.