… che dalle nostre parti chiamiamo bocconi.
Domenica mattina, complice un fastidioso raffreddore e il ricordo delle pene patite durante un uscita in condizioni di salute precarie, rinuncio alla pescatella mattutina già programmata. Vado in spiaggia con la mia famiglia. Il mare è accarezzato da un maestrale continuo ma non forte e la temperatura dell’acqua è, diciamo, freddina (andante sul gelido). Però …
Però la maschera, il boccaglio, le pinne corte e il coltello me li sono portati dietro lo stesso. A mezzogiorno non ce la faccio più e, fregandomene del raffreddore, mi tuffo per la consueta nuotatina tra gli scogli, alla ricerca di qualche ostrica da gustare in mezzo al mare (anche perché se le porto in spiaggia mia moglie le schifa). Noto subito la presenza consistente di bocconi e inizio a raccoglierli. Inizialmente cerco di tenerli in mano, ma poi il numero aumenta e pertanto non mi rimane che infilarmeli nelle tasche dei boxer. Dopo aver mangiato un paio di ostriche (quando l’acqua è fredda sono molto più buone), esco dall’acqua con le tasche talmente piene di bocconi che quasi si sfondano. Qualche vicino di ombrellone mi guarda in modo strano, pensando probabilmente a quali oggetti misteriosi riempiono le mie tasche (dobloni d’oro? Pietre? Polpi?).
Verso metà pomeriggio rientro in acqua e ne riesco nuovamente con le tasche piene di bocconi. Soliti sguardi torvi dei vicini di ombrellone. La prossima volta mi porto un retino, che cavolo!
La sera, per evitare drammi familiari, metto a bollire i bocconi in terrazzo, utilizzando il fornello del barbecue a gas. Effettivamente non è piacevole avere per casa l’odore di carogna conseguente a questa operazione. In questo devo dare ragione a mia moglie. Lascio i bocconi a bollire per un ora abbondante, dopodiché faccio raffreddare l’acqua, la scolo e aiutandomi con uno stecchino estraggo i molluschi da dentro la conchiglia. Nel fare questa operazione cerco di estrarre soltanto la parte callosa e non le interiora, che spesso risultano amarognole.
Metto i bocconi sgusciati dentro un barattolo di vetro e li ripongo in frigo. Per quella sera avevamo programmato un altro menu.
La sera dopo: nella padella metto a soffriggere due spicchi d’aglio in un fondo di olio d’oliva, aggiungo i pomodorini e qualche filetto di alice sott’olio. Intanto faccio bollire l’acqua per la pasta. Ho optato per le linguine n. 13.
Una volta ristretto il sugo, aggiungo i bocconi tagliuzzati, faccio soffriggere un altro po’ e aggiungo il vino bianco (in realtà io l’avevo finito, pertanto ripiego con la birra). Evaporato il vino (ehm … la birra) lascio il sugo lungo il giusto, scolo (non troppo) le bavette molto al dente e le faccio saltare in padella insieme al condimento, ultimandone la cottura. Aggiungo un po’ di prezzemolo fresco, olio piccante e il piatto è pronto. Ottimo il risultato, peccato che mia moglie e mio figlio abbiano declinato l’invito ad assaggiare il capolavoro. Alla fine ho mangiato anche le loro porzioni. E credo di non averle ancora digerite …