legge_giustiziaA causa dei corrispettivi salati e delle pene accessorie – fra le quali il sequestro dell’attrezzatura – rappresenta l’incubo dei pescatori subacquei. Si tratta del verbale con il quale le forze dell’ordine che pattugliano il mare contestano potenziali illeciti. In pochi però sanno cosa sia davvero un verbale,  quale valenza giuridica abbia , chi può effettivamente elargirlo e soprattutto come ci si deve muovere in caso di torti o ingiustizie subìte. L’intento di questo secondo articolo inerente la legislazione è quello di far conoscere in maniera chiara ed accessibile a chiunque tutto ciò che riguarda quella che volgarmente viene chiamata “multa”.

Le leggi relative alla definizione di pesca marittima e la disciplina degli organi preposti al controllo della pesca sono contenute nel codice della navigazione. La legge italiana si avvale di differenti codici, distinti per disciplina e stando alla costituzione il codice rappresenta legalmente una “raccolta di leggi comprendente la maggior parte delle norme che regolano una data materia”. Esiste ad esempio il codice della strada, il codice civile e quello di procedura civile, il codice penale e quello di procedura penale, il codice penale militare, il codice postale e delle telecomunicazioni e persino il codice di diritto canonico perchè alcuni sacramenti cattolici hanno valenza giuridica in Italia. Il codice della navigazione è stato istituito il 21 aprile 1942 e tratta della navigazione marittima,della navigazione in acque interne, della navigazione aerea e le relative disposizioni penali. L’articolo 223 del Capo II del Libro Primo della Parte Prima del Codice della Navigazione decreta le Autorità competenti per la vigilanza sulla pesca. L’articolo recita quanto segue:

Le autorità marittime locali vigilano sull’esercizio della pesca, anche in rapporto alle esigenze della navigazione.

La legge è quindi abbastanza chiara. La Capitaneria di porto e le autorità marittime presenti nel distretto territoriale (finanza marittima, polizia marittima, nucleo marittimo dei carabinieri ed a volte anche i vigili urbani dotati di imbarcazione) sono gli organi preposti al controllo delle attività di pesca, in rapporto alle esigenze della navigazione. Nessun altro.
Il codice 219 dello stesso Capo definisce invece cosa si intende giuridicamente per pesca:

È considerata pesca marittima, oltre quella che si esercita nel mare, la pesca nell’ambito del demanio marittimo.

Questi sono i presupposti dai quali la legge definisce e disciplina tutto ciò che è lecito compiere e chi ci può controllare. Spesso è capitato che dei custodi delle aree marine protette, dei bagnini di salvataggio o diverse autorità abbiano fermato e contestato reati a pescatori andando oltre ciò che è loro permesso in termini di legge. Questo è un atto illegittimo e chiunque può rifiutarsi di esibire documenti o di sottoporsi a questa pratica se non in presenza di autorità marittime competenti. In poche parole, possono multare o controllare un pescatore solo gli agenti di Polizia Giudiziaria, siano essi militari o civili . Costoro prima di iniziare le attività accertative dell’illecito espongono il loro distintivo e si identificano come agenti di polizia giudiziaria:

Tutti gli organi che si presentano con cartellini identificativi, o che si dichiarano agenti solo verbalmente, stanno commettendo un reato molto grave e pertanto dovete invitarli a chiamare le vere autorità competenti se proprio vogliono ottenere qualcosa da voi oppure dovrete allertare immediatamente le autorità voi stessi. Molto spesso ci si trova in situazioni molto pesanti in cui agenti legittimi o illegittimi tentano di estorcervi il pescato in cambio di una loro clemenza. In quei casi se avete la cam sul fucile è il momento di accenderla con discrezione per registrare il fatto. Lasciate loro credere che voi accettate, fate loro dire frasi compromettenti e magari consegnate il pescato poggiando il fucile dove possa riprendere lo scambio e mentre gli ignari bontemponi vanno felici con il bottino in mano, voi recatevi nella più vicina stazione dei carabinieri a denunciare l’accaduto! La vendetta è un piatto che va servito freddo.

Chiusa la parentesi, passiamo a noi. Per quanto concerne noi pescatori, la normativa di riferimento è contenuta nel decreto legislativo del presidente della repubblica n° 4 del 2012, (che ha abrogato il precedente decreto n° 96 del 2010) e il decreto n° 1639 del 1968 .  Quest’ultimo disciplina la pratica dando definizioni e direttive, mentre il decreto più recente introduce (o re-introduce rispetto ai decreti precedenti) alcune limitazioni. E’ inutile elencare tutte le norme, pertanto riporto un link utile della FIPIA per approfondimenti in questo senso:

https://www.fipia.it/portale/le-leggi-che-riguardano-la-pesca-in-apnea.aspx

Anche le autorità marittime sono davvero impossibilitate a conoscere a memoria e portare appresso codici, decreti e quanto altro vista la vastità delle leggi in materia. Per avere una consultazione rapida delle leggi vigenti al fine di facilitare la consultazione di ogni attività sospetta hanno a disposizione una raccolta di leggi ordinate per diporto, pesca, ambiente e sicurezza dei lavoratori marittimi che si chiama “Prontuario unico infrazioni marittime” . E’ un malloppo di 140 pagine circa, che sul web non è presente se non in una forma molto striminzita e parziale su questo sito: https://www.laboratoriopoliziademocratica.org/MODULISTICA/PRONTUARIO_INFRAZIONI_MARITTIME.pdf

Per chi volesse una copia del prontuario aggiornata al 2013, è possibile richiederla via e-mail all’indirizzo 1000risorse@live.it .

Sul prontuario vengono elencate tutte le infrazioni, e per ogni infrazione è riportato l’articolo di legge che disciplina la materia, la sanzione prevista ed una forma sintetica dell’articolo di legge stesso. In ogni caso il prontuario varia da ente ad ente poichè ogni comune, autorità portuale e capitaneria di porto può validare disposizioni di carattere locale che prendono il nome di “Ordinanze”. Esse sono degli atti che hanno i caratteri di una vera e propria legge che enti locali possono emanare per disciplinare una realtà propria del luogo, ove le leggi dello stato sono insufficienti o inadeguate. Spesso le ordinanze possono risultare delle vere e proprie deroghe alle leggi dello stato, tuttavia sono da considerare illegittime quando violano i principi generali o costituzionali dello stato. In passato è accaduto che un’ordinanza risultasse illegittima proprio perchè era redatta in violazione ai principi generali della legge dello stato. Si tratta dell’ordinanza che la FIPIA contestò con successo alla Capitaneria di porto di Fiumicino. ( https://www.fipia.it/public/istanza_500_metri.pdf )

Le autorità marittime, militari o di polizia che siano, hanno la sola funzione di controllare ogni distretto attraverso attività ispettive od investigative. Gli agenti preposti al controllo delle attività della pesca pertanto hanno la facoltà di effettuare controlli su qualsiasi individuo intento all’esercizio della pesca per verificare che stia svolgendo a norma di legge tale facoltà. Qualora un comportamento, la posizione del subacqueo, gli attrezzi impiegati oppure le specie ittiche prelevate risultino irregolari agli occhi degli agenti che eseguono un controllo; essi hanno la facoltà di riportare per iscritto su un documento denominato “processo verbale di accertamento” le attività che presumono (secondo la loro interpretazione e ricostruzione dell’evento, come vedremo) essere illegittime. Il processo verbale di accertamento potrebbe essere suddiviso in 3 parti: una riservata agli agenti che ha la funzione di rapportare per iscritto la loro indagine (parte rossa della figura che segue), una riservata ad eventuali dichiarazioni pre-difensive che riteniamo doveroso dover mettere per iscritto ai fini della nostra futura contestazione(parte verde) ed infine una dedicata all’accettazione in cui sia gli agenti che la o le terze parti firmano di comune accordo in modo da concludere il processo (parte blu). In questo documento viene riportato per iscritto il fatto contestato, l’orario, l’articolo di legge che è stato presumibilmente violato, l’identificazione del subacqueo (sia essa sedicente o fatta per mezzo di documenti) e la sanzione che gli agenti ritengono idonea a seconda della gravità o della (sempre presunta) premeditazione dell’atto. Ho volutamente fatto ricorrere l’avverbio “presumibilmente” per sottolineare la natura giuridica del verbale di accertamento ed il fatto che sia solo l’inizio di un procedimento che può essere anche annullato. Ogni pena amministrativa prevede un minimo ed un massimo e gli agenti possono optare per il pagamento della somma di denaro risultante dalla media aritmetica fra minimo o massimo (generalmente viene eseguito questo criterio), ma anche per il pagamento del massimo o del minimo previsto a seconda della loro clemenza o del loro giudizio personale. Se ad esempio sono convinti che il pescasub agisce in malafede o, al contrario, nell’ingenuità totale è probabile che reputino opportuno elargire una pena amministrativa commisurata alla volontà del cittadino di infrangere la legge. Questo documento viene redatto in duplice copia: una consegnata al trasgressore ed una tenuta dagli agenti i quali procedono alla successiva notifica al rientro dal controllo al giudice di pace.

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Il verbale elargito dagli agenti è un puro atto formale e non un giudizio definitivo. Il ruolo degli agenti è unicamente quello di contestare un presunto illecito rappresentando la legge, ma non è quello di condannare o giudicare una persona. Tale compito è proprio di un Giudice il quale ha la facoltà di verificare i fatti ed i modi della vicenda sulla base della normativa di riferimento. Il verbale avvia un procedimento giuridico che cessa qualora la persona multata riconosce l’errore e paga l’ammenda; ma non cessa se la persona non riconosce le sue colpe e vuole dimostrarlo davanti ad un ente competente estraneo ai fatti quale un giudice. A tal fine è importante che il verbale di accertamento possa prestarsi ad una corretta contestazione poichè è l’unico atto su cui il giudice può basarsi per ricostruire e giudicare i fatti. Egli accoglierà le vostre istanze ma per essere imparziale terrà anche conto di quanto riportato dagli agenti. Per la legge non esistono parole in buona fede ma solo fatti dimostrabili che possono scagionare o meno un soggetto. Per questo motivo bisogna costruire la propria innocenza facendo “parlare” gli unici atti che hanno valenza giuridica secondo i criteri stessi stabiliti dalla legge.
Il fatto che gli agenti riportano sul verbale di accertamento il più delle volte è sintetico e molto vago, ed alle volte è anche redatto con terminologie volutamente pesanti oppure omettendo degli avvenimenti importanti come il sequestro dell’attrezzatura. Come tutelarsi? Ecco alcuni semplici consigli.

Le terminologie volutamente pesanti utilizzate dagli agenti e messe per iscritto sul verbale, costituiscono di fatto aggravanti. Così come in ambito giornalistico, anche in ambito legale una parola apparentemente innocente può stravolgere completamente il messaggio veicolato, specie se a leggerlo sarà una persona che fino a quel momento è estranea ai fatti e che li può apprendere solo attraverso tali scritti. E’ ormai consolidato che i termini stravolgono la percezione del fatto. Si possono affermare dei fatti esattamente uguali pur utilizzando contesti che in qualche modo creano del valore aggiunto, aggravando o affievolendo la gravità dei fatti che non risultano più essere oggettivi.

Vorrei approfondire l’argomento riportando alcuni esempi molto eloquenti:

Esempio 1) FATTO: Marco ha una malattia della pelle.
Aggravante: Marco ha la scabbia.
Attenuante: Marco ha una dermatosi.

Tutte e tre le espressioni riferiscono esattamente il medesimo fatto, ossia che marco ha una malattia della pelle. Tuttavia l’idea che i tre esempi suscitano è totalmente differente. Utilizzare il termine “scabbia” dà un’accezione negativa e stomachevole del fatto, mentre utilizzare il termine “dermatosi” banalizza il fatto rendendolo quasi usuale.

Esempio 2) FATTO: un uomo non appartenente alla nazione ha sottratto beni ad un cittadino.
Aggravante: Extracomunitario scippa un malcapitato.
Attenuante: Canadese tenta il furto di oggetti di poco valore.

Anche in questo secondo caso le tre frasi dicono esattamente la stessa cosa e non sono in contraddizione fra loro: un uomo che non ha cittadinanza del nostro paese ha sottratto dei beni ad un cittadino.   Utilizzando a discrezione differenti termini anche questo esempio può farvi capire come è stato possibile stravolgere la percezione del fatto. Nel primo caso l’utilizzo del termine “extracomunitario” ha  di per sè un’accezione negativa che ispira alla criminalità ed alla brutalità. L’azione della sottrazione può essere aggravata con l’utilizzo di un termine dalla forte accezione negativa come “scippa”. Anche definire “malcapitato” un passante è un trucco che riesce a dipingere una vittima indifesa piuttosto che una normale persona come tutti i cittadini. Analogamente potremmo attenuare la percezione del fatto dipingendo il rapinatore come un appartenente alla sua nazione che non richiama a particolari immaginari di delinquenza, magari descrivendo le sue azioni con le parole “tenta il furto” che quasi suggeriscono che l’atto si sia svolto a metà e non per intero. Specificare la natura dei beni sottratti aiuta ulteriormente a dipingere un fatto meno grave della realtà: se il valore sottratto è basso (come per la maggioranza dei casi di rapina) si dice vero quando si riporta questa circostanza. Tuttavia il lettore costruisce mentalmente delle figure depotenziate.

Esempio 3)FATTO: un uomo è stato fermato in mezzo al mare. con muta mimetica, boa segnalatrice ma dichiara di non star pescando.  gli viene tuttavia contestato il fatto che lui abbia occultato il fucile prima dell’arrivo degli agenti. che differenza potrà mai fare se gli agenti riportano questo fatto sul verbale di accertamento cambiando semplicemente un articolo? Proviamo a vedere, così entriamo nel merito:

-Il soggetto è stato fermato mentre esercitava una battuta di pesca illegale anche se non è stato possibile risalire ad il fucile o strumento utilizzato per tale pratica.

– Il soggetto è stato fermato mentre esercitava una battuta di pesca illegale anche se non è stato possibile risalire ad un fucile o strumento utilizzato per tale pratica.

Secondo voi in quale delle due ricostruzioni, entrambe vere, si risulta maggiormente difendibili agli occhi di un giudice nel caso in cui il presunto pescatore siamo noi? Questa breve parentesi l’ho volutamente riportata per farvi capire l’importanza ed il peso delle ricostruzioni scritte sugli atti giuridici, poichè sono queste a costituire l’unica realtà su cui il giudice si potrà basare per la ricostruzione della vicenda e per stabilire la nostra innocenza o colpevolezza. Quasi sempre gli agenti utilizzano una forma aggravante per riportare i fatti. Si può dire che lo fanno apposta, è deformazione professionale. Non c’è modo di impedire loro di farlo – purtroppo – anche se questa può apparire un’ingiustizia bella e buona. In compenso è obbligatorio del processo verbale, un campo in cui è possibile che il trasgressore faccia una dichiarazione spontanea qualora la ricostruzione o i termini utilizzati dagli agenti possano dare spazio ad equivoci nella percezione della vicenda, o quando un’istanza fatta verbalmente viene ignorata dagli agenti. Non riesco a formulare un esempio pratico, ma posso raccontare una vicenda che rende bene l’idea. Ero in auto su una discesa, davanti un tir e poco più in là un posto di blocco dei carabinieri. Alla destra della carreggiata spuntò un cane che dovetti evitare invadendo la corsia opposta che era sgombra. Fui fermato al posto di blocco e mi fu contestato verbalmente il tentato sorpasso. Io spiegai l’accaduto ma i carabinieri, evidentemente pensando che li stessi prendendo in giro, hanno deciso di avviare un processo verbale contestandomi l’infrazione del sorpasso in un luogo (il dosso) in cui è vietato. Non potevo oppormi a tale decisione, tuttavia mi bastò mettere a verbale due concetti per vedere annullata tale contestazione: innanzitutto dichiarai la presenza del cane che gli agenti nella ricostruzione hanno omesso; volutamente o non volutamente, difficile saperlo. Inoltre ho anche sottolineato come il presunto reato di sorpasso non era mai avvenuto poiché la vicenda poteva essere etichettata piuttosto come un tentato sorpasso che per la legge non ha alcuna valenza, visto che non si può fare il “processo alle intenzioni”. Più correttamente gli agenti avrebbero dovuto contestarmi un altro articolo del codice della strada, ossia l’impiego della corsia opposta in presenza di linea continua orizzontale, ma siccome l’articolo da loro contestato era quello inerente il sorpasso su un dosso, il fatto non si era mai consumato. Insomma, la dichiarazione spontanea se viene sfruttata adeguatamente e notificata sugli atti diventa un importante strumento a nostro favore, di cui il giudice ne dovrà tenere ben conto quando sarà chiamato ad esprimersi con un verdetto. Prendiamo il caso dell’esempio 3. Come sempre più spesso accade un pescatore lascia il suo fucile a casa e fa qualche immersione esplorativa o di allenamento. Lo ferma la capitaneria e non trovando un fucile si insospettisce. Inizia a pensare che non solo il sub pescava ma che pescava anche animali vietati perché ha sentito il bisogno di occultare il tutto. Sul verbale procederà quindi a contestargli il fatto che ha occultato “il” fucile ed “il” pescato. Sappiamo che in realtà non è mai esistito “il” fucile, quindi la forma giusta semmai dovrebbe essere “un” fucile, se non proprio la dicitura “non è stato rinvenuto alcun fucile”. Tuttavia ci ritroviamo con un verbale che ci contesta 4000 euro di occultamento. Come tutelarci? Rilasciamo una dichiarazione sul verbale. Dichiariamo che l’uscita in mare è avvenuta senza fucile, che il fatto contestato non è stato mai compiuto, che non c’è alcuna prova a carico della tesi sposata dagli agenti e che ci si professa totalmente estranei alla ricostruzione.Si può anche affermare che tutto questo è stato fatto presente agli agenti verbalmente senza tuttavia aver ottenuto giusto peso.  Dal punto di vista legale la nostra dichiarazione rende lacunoso l’operato degli agenti, che privi di alcuna prova tangibile hanno avviato il processo verbale di contestazione e non esistono aggravanti retoriche che reggano perché per la legge contano i fatti. E di fatto, secondo la ricostruzione che l’atto veicola, il giudice può apprendere la verità: ossia che la multa è stata elargita per un fatto presunto, poiché non ci sono prove di colpevolezza. Tutte le prove semmai indicano che noi non siamo affatto colpevoli. Inoltre il presunto trasgressore si è sin da subito dichiarato estraneo alla ricostruzione perché ha fatto presente agli agenti stessi che la loro tesi non aveva fondamento.

Risulta molto lampante l’importanza delle parole, sia quando ci dobbiamo difendere, che quando veniamo accusati. L’esempio 3 ne è la chiara espressione, in cui il fatto è stravolto totalmente da un semplice e banalissimo articolo: basta un piccolo ed insignificante articolo determinativo al posto di un più corretto indeterminativo per metterci (o mettere ) nei guai.
Davanti ad un giudice di pace non c’è bisogno di essere rappresentati da un avvocato, sarà dunque lasciato a noi il compito di formulare la nostra difesa. Il giudice ascolta le nostre dichiarazioni e compie la sua decisione. Solo se il giudice, nonostante i nostri scritti difensivi, conferma il verbale, il procedimento di contestazione è concluso e siamo “condannati” al pagamento della somma che tuttavia può essere da lui rateizzata.

Arriviamo alla punto dolente del discorso: il sequestro dell’attrezzatura e del pescato. Sia che siamo innocenti, che colpevoli il pescato sequestrato non lo riavremo mai indietro a causa della biodegradabilità del pesce e della lentezza burocratica della contestazione del processo verbale. Poco male, ciò che effettivamente sta a cuore a tutti noi è l’attrezzatura costosa e alla quale siamo legati affettivamente. Innanzitutto sfatiamo un mito, che tuttavia come tale veicola una mezza verità: l’attrezzatura posta sotto sequestro giudiziario, con sigilli e con messa al verbale corretta, non può “sparire” come molti sostengono. È una leggenda metropolitana dei pescasub che vuole che la capitaneria si appropri del materiale sequestrato. Questo è impossibile per due ragioni: l’attrezzatura messa a verbale costituisce una prova dell’illecito e va depositata assieme al verbale ed al rapporto degli agenti presso la cassaforte negli uffici del giudice di pace. Se non vi arriva mai, gli agenti che avevano la responsabilità della custodia momentanea del materiale posto sotto sequestro vanno incontro a sanzioni di natura penale militare le cui pene sono il carcere militare, consegne di rigore, degradazione, rimozione dall’incarico o comunque pene molto severe che nessuno si sognerebbe mai di preventivare per un fucile o una muta. Tuttavia, come dicevo, questa leggenda metropolitana veicola una mezza verità, triste, penosa e squisitamente italiana. È capitato infatti che alcuni agenti abbiano sequestrato l’attrezzatura senza tuttavia mai mettere a verbale l’elenco completo del materiale sequestrato. In questi casi l’attrezzatura è magicamente sparita in chissà quale borsa. Per evitare questo spiacevole epilogo, è quindi fondamentale che si pretenda la messa a verbale dell’elenco completo dell’attrezzatura che gli agenti intendono porre sotto sequestro, e l’applicazione dei sigilli giudiziari sulla stessa. Il sigillo deve avere il logo del ministero dei trasporti o delle politiche agricole-alimentari-forestali, il timbro della capitaneria di porto con la firma dell’ufficiale o del capo settore e la dicitura “materiale posto sotto sequestro”.

Purtroppo se l’illecito contestato non si è effettivamente consumato, l’attrezzatura verrà comunque sequestrata e non potremmo fare nulla per impedirlo. Solo dopo aver vinto la contestazione presso il giudice di pace, l’attrezzatura ci verrà riconosciuta e restituita. Se il giudice non accoglie la nostra istanza è possibile comunque riottenere il materiale posto sotto sequestro pagando le spese di giacenza, che ammontano proporzionalmente al valore di mercato delle stesse. Nel caso decidiamo di non riscattarlo, quell’attrezzatura viene poi smaltita nel giro di 2 anni circa.

L’intervento del giudice di pace è l’ultima carta da giocare, e quella definitiva. Molto spesso si possono risolvere dei contenziosi anche presso gli uffici della Capitaneria di porto presentando degli scritti difensivi nelle modalità riportate sul verbale. Ciò è possibile anche per richiedere una certa clemenza qualora il reato commesso è effettivo. Durante il mio anno di servizio ho potuto constatare con soddisfazione che la Guardia Costiera accetta le istanze di chi riconosce l’errore e richiede, in virtù del fatto che è il primo reato che commette e dell’impossibilità di pagare una somma salata, l’attenuazione fino alla minima pena pecuniaria prevista. Io consiglio di rivolgersi al Giudice di pace solo in presenza di gravi omissioni ed irregolarità degli agenti, o solo dopo che le istanze non sono state accettate dalla Capitaneria attraverso i nostri scritti difensivi.

Altra cosa importante da sapere, soprattutto per i pescasub minorenni (16-18 anni), ma anche per istruttori di pesca subacquea o stagisti è la differenza legale fra obbligato in solido e trasgressore. Quando gli agenti emettono il verbale ad un minorenne, in realtà la sanzione va ai curatori, siano essi genitori o responsabili ai quali i genitori o le autorità hanno affidato il ragazzo. Il verbale pertanto verrà redatto al trasgressore, ossia chi materialmente ha compiuto un presunto illecito mentre pesca, però la pena ed il bollettino del relativo pagamento verrà emessa all’obbligato in solido, ossia la persona fisica o giuridica che aveva assunto la responsabilità del ragazzo mentre era intento a pescare. Potrebbero nascere dei problemi soprattutto per chi va a pesca durante una colonia estiva, se gli agenti riportano come obbligato in solido l’ente organizzatore dell’evento su delega scritta del genitore (salvo declino di responsabilità) oppure la persona incaricata alla custodia del minore. in questo caso voi non dovrete preoccuparvi di nulla: la vostra azione giudiziaria è conclusa ed è l’obbligato in solido a dover avviare la contestazione dal giudice di pace. Nel caso l’obbligato in solido fosse il vostro genitore, sarà lui a rispondere al giudice ed alla legge. Siccome è facile incappare in guai penali, state comunque attenti per evitare che i vostri genitori si macchino la fedina penale a causa vostra…

Questo è quanto, ricordiamo che quanto consigliato in questo articolo non permette di sfuggire alla legge nel caso che ci sia una vera violazione. Non è quindi un mezzo per farla franca ma solo un mezzo grazie al quale ci si può far valere quando si ha ragione. Ricordate che oramai la Capitaneria di porto si avvale di prove a sostegno dei verbali. Ad esempio scatta delle fotografie alla boa mentre eravate intenti a pescare per dimostrare il fatto che successivamente accerteranno e vi contesteranno, ossia la distanza regolamentare. Spesso le motovedette sono dotate di telecamere subacquee sotto la chiglia, che con molta probabilità vi hanno ripreso mentre scaricavate il fucile quando la vedetta sopraggiungeva. Possono anche vedere se lasciate cadere il fucile o i prodotti ittici illegali sul fondo del mare. Insomma, contestabili si, ma non fessi….

Voglio concludere esaminando le principali leggi che vengono contestate a noi pia e le principali fonti di contestazione che possiamo dichiarare a verbale per discolparci. Dovremmo tutti quanti tenere a mente questo schema per essere pronti a far valere i nostri diritti:

Distanza da riva; richiedere di mettere a verbale le coordinate del punto in cui vi trovate al momento del controllo. qualora vi venga contestato un punto precedente ci si può appellare al fatto che il reato può essere solo contestato in flagranza, e che al momento del controllo voi eravate in regola.
Orario dell’esercizio della pesca; se vi viene contestato l’orario non consentito, soprattutto per alba e tramonto, fa fede l’orario messo a verbale dagli agenti. se questo dovesse essere volutamente alterato, si dichiari l’orario secondo la propria versione dei fatti.
Segnalazione corretta a mezzo della boa; qualora boe troppo piccole vengono contestate a causa della loro presunta poca visibilità entro i 300 metri, fare presente che si tratta di un prodotto standardizzato commerciale che rispetta le normative vigenti. se viene contestata la distanza dalla boa, richiedere i rilevamenti gps propri e della boa.
Custodia dell’unità navale di appoggio; spesso viene contestato l’abbandono del mezzo nautico. è uno degli articoli più difficili da dimostrare e da contestare. è una roulette russa. spesso possono essere contestate anche le distanze dall’imbarcazione che funge da boa segnalatrice. in tal caso, come per la boa, servono i rilevamenti.
Caricamento del fucile subacqueo; anche in questo caso serve la flagranza del reato, senza prove documentali e se al momento del controllo si è in regola, non si può contestare un fatto presunto.
Distanza dalle imbarcazioni ; rilevamenti GPS
Barcaiolo ; in molte ordinanze è espressamente richiesta la presenza del barcaiolo abile al nuoto a bordo delle imbarcazioni di appoggio. Qualora si sia certi che la presenza del barcaiolo non sia obbligatoria, citare nella dichiarazione la vostra adesione alle indicazioni del documento di MARICOGECAP Protocollo n° 020451-55215 del 09/06/2008. Se riuscite a procurarvi una copia da esibire a bordo è anche meglio. Qualora fosse per voi irreperibile, potrete richiederla via e-mail all’indirizzo ccnp@infrastrutturetrasporti.it oppure all’ e-mail di cui sopra.
In ogni caso; conoscere le normative molto bene ed usare la testa 😉